16.6 Come risolvere il problema del limite inferiore dello zero

La tassazione diretta sul capitale accumulato, resa possibile da un sistema finanziario espansivo con meccanismi di riciclo, contribuisce a risolvere anche il ben noto problema economico del limite inferiore dello zero.

Quando un’economia si surriscalda e compaiono pressioni inflazionistiche, le Banche centrali decidono di aumentare i tassi di interesse, provvedimento che porta (tra le altre cose) a rate di mutuo più alte, le quali a propria volta causano una diminuzione della domanda aggregata. Anche l'accesso al credito da parte delle imprese risulta limitato. Tale processo produce nel suo complesso più risparmio e meno spesa, cioè una stabilizzazione dell'economia e un riuscito controllo sull'inflazione.

Questa parte della politica monetaria ha ampiamente dimostrato nel corso del tempo la propria efficacia e funziona a dovere. Se i consumatori si danno a spese folli, infatti, la Banca centrale aumenta leggermente i tassi di interesse al fine di ristabilire un equilibrio.

Ma cosa succede se la situazione si inverte e i problemi sono un risparmio eccessivo e una spesa non sufficiente? La risposta ovvia è che si cercherà di applicare una politica opposta a quella poco sopra descritta, il che significa che la BC abbassa i tassi di interesse, incoraggiando così la domanda. Il conseguente incremento della spesa produce un PIL più elevato, maggiore occupazione ...

Le possibilità di ridurre i tassi di interesse all'interno di un sistema finanziario tradizionale sono, in realtà, piuttosto limitate. Allo stato attuale la Banca centrale può arrivare al massimo a un tasso di interesse dello 0%. Se anche questo tasso non è sufficiente ad aumentare la spesa e la quantità di denaro risparmiato continua a essere maggiore del denaro speso, si giunge irrimediabilmente a quell'eccesso di accantonamento che ha come conseguenza la sottrazione di capitale dall'economia e la disoccupazione. Dal momento che non esiste un sistema finanziario completamente digitalizzato, la BC non può far scendere i tassi sotto il limite inferiore dello zero, non può, cioè, introdurre tassi di interesse al pubblico negativi. Se ci provasse, ciò avrebbe come conseguenza le note corse agli sportelli, perché i correntisti cercherebbero di evitare questa forma, per così dire, di "tassazione", ritirando i propri risparmi dalle banche.

Tale presupposto fa sì che la flessibilità operativa della BC sia piuttosto limitata, perché la freccia importante dei tassi negativi non compare nella faretra delle politiche monetarie attuabili. Non c'è modo di gestire positivamente il problema del limite inferiore dello zero e di aiutare l'economia a rimettersi in moto, con le conseguenti ricadute positive sull'occupazione, se non introducendo tassi di interesse negativi.

Il solo, debole rimedio che la BC può tentare di avviare è l'alleggerimento quantitativo, introdotto nel tentativo di stimolare la ripresa dell'inflazione, con una conseguente svalutazione reale del risparmio. Questo espediente determina lo stesso effetto prodotto dall'introduzione dei tassi di interesse negativi, poiché il potere d'acquisto reale dei risparmi diminuisce nel tempo a causa dell'aumento dell'inflazione.

L'inflazione è, tuttavia, un metodo molto primitivo per gestire questo problema.

In primo luogo, essa colpisce indiscriminatamente tutti, indipendentemente dalla quantità di risparmio tesaurizzato e dall'età. Ne vengono annientati anche i risparmiatori che hanno accantonato una somma ragionevole. Essa colpisce in modo particolarmente duro chi si trova alle soglie della pensione, perché un periodo di prolungata inflazione fa evaporare il valore dei fondi pensione accantonati. Ciò ha come conseguenza una diminuzione considerevole del futuro potere d'acquisto dei pensionati e toglie efficacia ai vantaggi che tale politica potrebbe arrecare.

La scarsa flessibilità dello strumento inflazionistico costituisce la sua maggiore debolezza. Vogliamo, dunque, davvero l'inflazione?
Si tratta di uno strumento che può sfuggire di mano, causando più danni di quanti si possa immaginare.

In secondo luogo, innescare la buona vecchia inflazione non è così facile come si potrebbe pensare.

L'alleggerimento quantitativo che si ottiene tramite l'acquisto di titoli non provoca automaticamente un aumento della domanda aggregata. Il meccanismo di trasmissione che la BC spera di avviare è, in realtà, molto debole:

  1. Ci si augura che chi vende i propri titoli di Stato acquisti con il denaro ricavato beni di consumo, aumentando così la domanda.

Chi acquista obbligazioni, però, sceglie questa soluzione perché non sa più cosa farsene dei propri soldi, per cui aspettarsi ora che il contante ricavato dalla vendita dei titoli sia utilizzato per aumentare la spesa potrebbe essere una mera illusione.

  1. Si spera anche che gli investitori che vendono le proprie obbligazioni impieghino il denaro ricavato nell'economia reale, creando in tal modo posti di lavoro e un aumento della domanda.

Il problema è che chi investe in titoli di Stato a basso rendimento non è esattamente il tipo di persona che dà avvio ad attività imprenditoriali. Se costoro non hanno investito nell'economia reale in tempi buoni, è molto improbabile che lo facciano ora, in una fase recessiva.

  1. Ci si auspica che gli speculatori passino dalle obbligazioni alle azioni, facendone aumentare il prezzo e creando così il cosiddetto "effetto ricchezza", che andrà a sostenere la spesa. Si tratta di ciò che sta accadendo in questo periodo, ma gli effetti di tale processo sono piuttosto attutiti. Bisogna tenere in considerazione il fatto che non tutti quelli che vogliono far fruttare il proprio denaro sono attivi sul mercato azionario, mentre ciò che è certo è che i bassi rendimenti danneggiano diverse tipologie di investitori. Inoltre, questa politica non può essere adottata per sempre. Non appena cesseranno le misure di alleggerimento quantitativo, scoppierà una bolla speculativa e il danno che ne conseguirà sarà peggiore del vantaggio che si sperava di raggiungere.

 

L'alleggerimento quantitativo non è una soluzione che può essere adottata sul lungo periodo. Considerata l'alta concentrazione di risorse che caratterizza l'epoca attuale, il risultato può solo essere che l'1% di super-ricchi guadagnerà qualche miliardo in più, senza alcun aumento rilevante in termini di spesa e di domanda aggregate. Il denaro generato dalle misure di alleggerimento quantitativo ricade impotente sugli ingranaggi della macchina economica, senza produrre, però, alcuna trazione e atterrando al contrario su conti già troppo pingui. L'obiettivo principale che, ricordiamolo, consiste in una diminuzione del risparmio e in un aumento della spesa, potrebbe non essere raggiunto.

La capacità di infrangere il limite inferiore dello zero è, quindi, davvero importante. L'introduzione di un sistema finanziario digitalizzato e la tassazione diretta sul capitale (tasso di interesse negativo) sono in grado di risolvere definitivamente questo problema.

Se qualcuno pensa che l'espressione "limite inferiore dello zero" sia troppo tecnica, traduciamola pure con il termine più comune di AVIDITA'. Così si capisce meglio. Ci sono persone che accumulano troppo denaro, e così facendo conducono l'economia a un punto di stallo. Tali individui non sono in grado di spendere il proprio denaro, né vogliono (o sono capaci) di investirlo. E, quindi, continuano ad accumularlo. Dal momento, però, che il denaro non cresce su alberi da cui la gente comune e gli investitori disposti a spendere potrebbero prendere i ricambi dei soldi ritirati dal ciclo economico, l'economia continua a rallentare. Solo i meccanismi di riciclo delle risorse finanziarie ormai defunte, innescati dall'introduzione di tassi di interesse negativi, sono in grado di rimettere in movimento l'economia.